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Chi semina branding raccoglie clienti

19 July 2018
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Diciamo che questo non vorrebbe essere il classico articolo che parte da una premessa allarmante e propina la prossima migliore soluzione per il vostro business. 

Non vorrebbe, ma un po’ lo è. E non potrebbe che essere così. 

Innanzitutto perché il Travel & Tourism Competitiveness Index 2017 del World Economic Forum (che potete scaricare qui) ci mette al 104° posto, su 136, alla voce “Effectiveness of marketing and branding to attract tourists” con un trend in costante peggioramento di anno in anno.
Una questione che noi, per deformazione professionale certo, ma sopratutto osservando invece i trend di crescita (specie di fatturato) da parte di quei paesi che hanno investito di più, negli ultimi anni, in comunicazione, mettiamo tra le priorità da affrontare. 

Oltre a questo aspetto, diciamo che ci sono giusto un paio di altre valide ragioni per ritenere il turismo un settore enorme ma potenzialmente instabile e sicuramente non valorizzato per quanto potrebbe esprimere.

Una questione strutturale

Abbiamo un sistema ricettivo mediamente vecchio, sempre secondo il report del World Economic Forum siamo al 64° posto per Quality of tourism infrastructure, una disponibilità di posti letto molte volte superiore alle reali necessità (un parallelo piuttosto facile con gli stadi di calcio) e un sistema di trasporti pubblici estremamente scarso (basti pensare che si parlava solo recentemente del primo collegamento autobus tra l’aeroporto Marco Polo ed il complesso balneare di Chioggia - attualmente, un turista che volesse raggiungere la “Piccola Venezia” impiegherebbe quasi tre ore, passando addirittura per Padova).

Una questione di offerta

Gli hotel fanno gli hotel, i musei fanno i musei, i ristoranti allo stesso modo e così via. Gli spifferi che ci arrivano dai tavoli delle OGD, i nuovi organismi di gestione delle destinazioni, ci raccontano di un immobilismo cronico dovuto ad interessi dissonanti e egoismi piccolo provinciali. 

Questo in un territorio unico nel suo genere, con valori storici e architettonici e alcuni complessi naturali che ci sono invidiati ovunque. 

Una questione di onestà

Da quando il termine “esperienza” è entrato nei dizionari del turismo, abbiamo cominciato a generare aspettative nuove e diverse rispetto al passato.

Vendere una camera, ad un certo prezzo, è un conto: il turista cerca di reperire quante più informazioni possibili, deciderà da foto e recensioni se ne valga la pena e infine avrà modo di riscontrare se la sua scelta sarà stata più o meno corretta.

Vendere un’esperienza è altra cosa: è promettere, probabilmente improvvisare e, più in generale, raccontarla. Che può funzionare una volta, ma non due se dietro alle parole c’è il nulla o molto meno di quanto fatto pagare al cliente.

Perché l’esperienza è un valore solo se è buona!

E infatti, il rischio molto concreto è che raccontando baggianate si comprometta in maniera definitiva l’intera struttura. In questo senso, non è un caso, secondo chi scrive, che Venezia ed il complesso termale all’ombra dei Colli Eunganei, certo per motivi leggermente diversi, pare abbiano fatto segnare i primi cali dopo un 2017 che aveva segnato valori di importante ripresa (parliamo di un approssimativo -20% nelle rispettive alte stagioni - Aprile/Giugno per Abano/Montegrotto, Giugno/Agosto per Venezia). Di fatto, si tratterebbe, se questi rumors venissero confermati, della prima battuta d’arresto per queste due destinazioni dopo anni di  costante ripresa dopo la crisi, e in controtendenza rispetto alle previsioni che parlerebbero, secondo un recente studio di CNA, di un aumento medio del 3,5% delle presenze straniere sul suolo nostrano, presenze che lo scorso anno hanno toccato quota 23 Milioni e un fatturato dell’intero settore di 223 Miliardi di € ( ovvero, il 13% del PIL italiano)

Sembra che tutto accada per caso: il turista che arriva in Italia compra una camera, e poi si affida alla rete o, peggio, alla sorte per capire e trovare le soluzioni per come fare tutto il resto.
Di fatto, lasciamo al caso la loro capacità di spesa spingendo i turisti più sprovveduti in una rete di servizi dalla qualità spesso discutibile e dal prezzo altissimo - e Venezia più di tutte probabilmente paga oggi esattamente questa percezione. 

Il che è quantomeno bizzarro, specie alla luce di un recente studio fatto da Sabre Corporation, la più importante azienda del Nord America specializzata nel settore turistico e nello specifico in strumenti per la prenotazione di più servizi che compongono l’esperienza del viaggiatore,  la quale per la stagione estiva di quest’anno prevede un aumento di spesa dei viaggiatori europei di circa il 40%, con una spesa media per i soli servizi ancillari di oltre 160€ per persona

Dunque lo spazio per descrivere in maniera più trasparente ed efficace il concetto di esperienza ci sarebbe: il viaggio inizia con la prenotazione, continua con un rapporto di conoscenza per cui la struttura è in grado di informare in modo accattivante sui propri servizi e su ciò che attorno all’Hotel si può fare e trovare, e sopratutto dà la possibilità  di poterli prenotare, e magari anche già pagare tutti questi servizi. 

Tutto molto bello, ma come?

Una risposta ce l’hanno data le compagnie aree low cost, ad esempio, che hanno fatto del posto in aereo il link attraverso il quale catturare il cliente, che spenderà poi x volte quel costo per completare il proprio viaggio (comprando un posto migliore, o aggiungendo un bagaglio, assicurando sé stesso ed il proprio carico, prenotando il transfer verso l’hotel o consumando cibi e bevande in volo). 

Alcune catene, come Hilton, hanno da tempo sviluppato app che consentono ai clienti di vivere il soggiorno in modo che questo sia programmato (in modo totalmente customizzato, i pacchetti ormai non vanno più!) ancor prima di mettere piede in struttura. Questo include il poter indicare l’orario di check in, in alcuni paesi addirittura di poterlo fare senza passare dal front desk, avendo a disposizione sul proprio smartphone una digital key per aprire la porta della propria stanza, di poter acquistare tutti i servizi messi a disposizione della struttura, di poter programmare il check out e tutto questo avendo sempre sotto controllo le spese effettuate e quindi la fattura finale a disposizione sul proprio device. 

Esattamente il concetto che sta dietro la nostra DIGITAL ROOM.

Che, però, non è una APP

Perché?

Uno dei limiti più evidenti delle app è la loro durata media. Se non se ne percepisce l’utilità, viene cancellata appena è servita al proprio scopo. Quella di Hilton, così come quella di altre catene che legano il cliente ad un sistema di rewarding in base al tasso di fidelizzazione, durerà certo di più di quella di un hotel privato che magari si visiterà 1 volta all’anno, e questa è l’ipotesi di fidelizzazione più alta per cui i turisti tendono a fare la stessa identica vacanza ogni estate (fenomeno ovviamente in via d’esaurimento). 

E allora, per non perdere l’oggettiva utilità di quel sistema, abbiamo pensato di integrarla al sito web dell’hotel

Questo permette una serie di cose:

- se comunicata in maniera efficace, la Digital Room è un ulteriore buon motivo per visitare il sito web piuttosto che affidarsi alle OTA - servizi che, ad esempio,  booking.com non vende e che danno la possibilità di conoscere ancor meglio la struttura;

- essendo legata al codice di prenotazione, questa può essere visitata, e quindi utilizzata, anche da chi avrà prenotato il soggiorno da un portale esterno al vostro sito, e anzi sarà proprio un incentivo a far sì che questo ci torni più volte;

- con la digital room si possono tenere tracciati in maniera precisa i consumi degli utenti, le preferenze in base alla provenienza e all’età, e di conseguenza più precise potranno essere le strategie commerciali dell’hotel;

- il “viaggio inizia con la prenotazione”, si diceva: instaurare un rapporto di fiducia col cliente che può serenamente programmare, in qualsiasi momento, tutto il proprio soggiorno, evitando che ad occuparsi degli upselling sia personale non qualificato.

C’è una conclusione piuttosto evidente: non stiamo parlando di una soluzione salvifica

Il principio sul quale abbiamo fondato il nostro approccio al settore alberghiero è quello per cui non potendo noi intervenire fisicamente sulla struttura, e non credendo per nulla all’equazione (assolutamente nostrana) per cui fare marketing voglia dire raccontare qualcosa di diverso dalla realtà, la cosa più efficace che possiamo fare è valorizzare l’Hotel per quel che ha già e semplicemente dotarlo degli strumenti per venderlo meglio.

Le bugie hanno le gambe corte, e gli hotel che pretendono di alzare il prezzo delle camere rincorrendo il mantra delle soluzioni a costo zero, le hanno ancor di più.